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La Palestra Pagoda di Reggio Calabria: abbandono o ripristino?

 


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La Chiesa e la crisi, tra chi predica bene e... razzola male!



La domenica, per chi è un credente cristiano, è il giorno dedicato al Signore. Anche per me è così e da buon religioso mi sono recato, come ogni giorno di festa, a messa. I momenti centrali sono essenzialmente due: il Vangelo e l'omelia. L'una è la Parola di Cristo, l'altra la sua spiegazione per il volgo. Il sacerdote è giovane, intraprendente, anche simpatico, e le sue omelie sono ben fatte.

Vivere la semplicità. Ecco, questo dovrebbe fare il cristiano. Almeno è ciò che il sacerdote ha spiegato all'assemblea. Infatti, la Parola della domenica trattava del vivere "come se" e della conversione. Vivere come se... Sì, come se tutto ciò che viviamo, abbiamo, le nostre relazioni, i nostri averi, non esistessero. E il sacerdote ha proseguito la propria predica dicendo che forse questa crisi sarebbe stata un toccasana per noi che siamo troppo legati alle cose terrene, che ci complichiamo l'esistenza. Bene, bravo, giustissimo! In quel preciso istante, ho provato però della rabbia. Sì, perché l'assemblea che lo ascoltava era formata, in larga maggioranza, da notabili della città, professori e professionisti, nonché da giovani che definirei "rampanti" e già ben inseriti in società. Spiegare a queste persone, perse tra borse e giacche Burberry, abiti Trussardi, orologi Rolex e Longines, che la crisi potrebbe aiutarli a pensare alla semplicità sembra un po' una barzelletta. Un po' come lo è stato tentare di convincere alcuni di quei giovani che quel futuro sbiadito che si trovano di fronte (pochi di loro per la verità) non deve essere un problema perché è la semplicità che deve essere apprezzata. Giusto, in un mondo perfetto, non in questo.

In questo, sembra un po' una presa in giro. Soprattutto per queste nuove generazioni, alle quali la politica e le lobbies economiche hanno lasciato le briciole. Ma la cosa grave è un'altra. È la sgradevole sensazione che anche la chiesa sia ormai divenuta un luogo nel quale moda, costume e differenze sociali la fanno da padrone. Non una persona dell'assemblea proveniva da un ceto (economico ancor prima che sociale) popolare. Anche perché ormai il campo ecclesiastico è entrato a pieno titolo, senza più alcun tipo di remora, tra i centri di collocamento, di commistione con i poteri forti.

Questo malcostume è molto diffuso nella nostra città. Esistono infatti le chiese dei vip e le parrocchie popolari. Tutto in barba alla Parola di Cristo, quella che chiede al vero cristiano umiltà, fede, carità e che racconta che gli uomini sono tutti fratelli e che l'amore vicendevole salva il mondo. Dov'é la missione di Cristo? Lui, Figlio di Dio, che predicava tra il popolo e faceva redimere i ricchi. O li faceva arrabbiare. "È più facile che un cammello passi per la cruna di ago che un ricco entri nel Regno dei Cieli". Ecco, appunto.

È la stessa missione cristiana che accoglie nei templi solo la "Reggio bene" (come viene definita solitamente), che colloca solo i figli di questi notabili all'interno di enti e università, troppo spesso grazie alla spinta "religiosa"? Basta fare qualche ricerca su internet per scoprire che è la realtà e che questi giovani straordinariamente intelligenti occupano non uno ma più "posti di lavoro" contemporaneamente. Perché meglio di loro non ce n'é! È questa la missione cristiana, quella che organizza viaggi politicizzati, riempiendo pullman interi, spacciandoli come "giornate dei giovani"? Non crediamo sia questa la strada della giustizia divina. Senza presunzione. E gli altri, i "semplici cittadini", dovrebbero star lì ad ascoltare le prediche e magari sentirsi anche in colpa perché desiderano una vita, quella che i loro genitori hanno potuto vivere e scegliere. Perché dovrebbero accontentarsi della semplicità, dei sorrisi, della fede e di essere baciati dal sole, come S. Francesco. Non è più quel tempo. O potrebbe anche esserlo se per tutti fosse lo stesso. Se invece il meglio è riservato sempre ai soliti noti, non ci stiamo più. E allora che sia la Chiesa a convertirsi per prima. E subito dopo la Chiesa paghi l'ICI, venda gran parte dell'ingente patrimonio immobiliare che possiede, dismetta la banca Vaticana e faccia donazioni, aiuti chi vive di stenti ed esca dalle stanze dei bottoni. Solo allora potremo accettare che un sacerdote ci dica "vivete felici della semplicità".

Pasquale Zumbo